Simbolo dello sport
Si sa.. alla fine ognuno ha gusti ed interessi diversi e a volte non si sa come mai si viene attratti da alcune cose più che da altre.
Potevo vedere e fotografare lo stadio Panathinaiko dall’esterno. Ci sono passata davanti con il bus hop-on-hop-off ed ho scattato qualche foto dall’alto. Ci sono ripassata davanti… Ed alla fine perché entrare? E’ uno stadio e dall’esterno dei cancelli si vedeva probabilmente tutto quello che c’era da vedere. Lo stadio e le gradinate.
Eppure non so perché ho voluto pagare il biglietto, prendere l’audio guida ed entrare… Ed un’ora sotto il cocente sole di Atene non mi è affatto dispiaciuta in questo luogo.
Lo stadio nell’antichità ospitava i giochi panatenaici, ovvero delle competizioni sportive che si tenevano ogni 4 anni ad Atene.
Realizzato in marmo pentelico, ovvero il marmo bianco tipico della Grecia, estratto dal monte omonimo, attrae sicuramente lo sguardo quando ci si passa davanti.
L’audioguida ti conduce a camminare lungo le gradinate dello stadio, spiegandoti com’è nato, com’è cambiato nel tempo, quando è stato ampliato con l’aggiunta di un’area ellittica che caratterizzava gli stadi greci in epoca romana. Con le modifiche allo stadio cambiavano anche le posizioni dei “troni” per dare sempre la visuale migliore ai reali.
Si passa quindi attraverso i secoli fino ad arrivare al 1896 quando vennero ufficialmente inaugurati i Giochi Olimpici internazionali di Atene, su una proposta fatta dal barone Pierre De Cubertin.
Il nome giochi olimpici voleva ricordare le competizioni che si svolgevano in età antica a Olimpia che vedeva appunto contrapporsi gli atleti migliori.
La storia di questo stadio è secondo me interessante, ma ci sono 2 cose che mi hanno colpito in particolare.
Durante la visita si percorre anche un tunnel, è quello che conduce agli spogliatoi, è quello che attraversano gli atleti prima di entrare allo stadio, è quello delle paure, delle angosce, quello dove si trova la concentrazione, dove si trova la carica prima di affrontare le varie competizioni. Ogni atleta ha i suoi gesti, le sue scaramanzie, il suo modo di sfogare la tensione. Ogni atleta vive tutta la vita allenandosi giorno dopo giorno per raggiungere quel tunnel, per provare quelle emozioni che saranno per sempre eterne, indipendentemente dal risultato della gara.
E poi c’è la gloria. Nel 1896 la maratona venne vinta da un greco e lo stadio esplose. Lo stadio esplode per festeggiare ogni vittoria, per chi riesce a raggiungere il massimo dei risultati dopo giorni, mesi, anni di duro allenamento. Lo stadio esplode con applausi, con urla. I nomi dei vincitori risuonano in quello stadio. L’atleta vincitore guarda tutto lo stadio, vorrebbe memorizzare i volti di tutte quelle persone, guarda al cielo. L’angoscia, la paura provate nel tunnel si trasformano in altri sentimenti, in altre emozioni, in commozione, in gioia e chissà quale altro sentimento.
Questo stadio non è solo una bella costruzione, non è solo marmo bianco.
Racchiude molto di più: racchiude la fatica, il dolore, la determinazione, la tristezza e la gioia di migliaia di sportivi che qui si sono sfidati.