Challenge, filosofia e pensiero positivo

04.09.2020

L’attitudine del viaggiatore

Le sfide sono diventate un po’ la moda del momento. Sono oramai mesi in cui si è adottato questo metodo psicologico per “imporsi” di fare le cose.

La psicologia della Sfida

Effettivamente la comunicazione è quanto di più importante c’è nel mondo, anche se è semplicemente una comunicazione interiore verso se stessi.

E’ differente dirsi: “da domani mi metto a dieta e per un mese rinuncio completamente ai dolci”, piuttosto che “da domani inizio la Challenge Sugar Free”.

Insomma da un lato c’è qualcosa che ti fa (spesso) perdere in partenza, vivendo il tutto come una privazione, dall’altro (in molte persone) c’è una sfida da vincere non solo con se stessi, ma anche con i propri amici, visto che le challenges social puntano anche a far condividere un’esperienza per rendere la sfida più accattivante e (forse) ottenere i risultati migliori.

La chiamano psicologia, in realtà mi sembra molto un inganno che facciamo a noi stessi, ma se aiuta ad acquisire ottime abitudini, possiamo anche raccontarcela così…

Inoltre ci sono teorie che sostengono che qualunque cosa tu faccia ogni giorno per un periodo di almeno un mese, diventi poi parte di te.

Ora su questo io non sono molto convinta… O meglio dipende sempre dalle singole priorità e da quante “sfide” ti poni di fare.

Ci si può migliorare sempre, ma tutto nella vita non si può fare!

Parliamoci chiaro: in questi ultimi mesi sono nate sfide (di durata variabile tra i 7 e i 30 giorni) come alzarsi alle 5, fare yoga, fare meditazione, fare esercizi (tipo la plank challenge), leggere un libro a settimana, no zuccheri, no alcool, scattare una foto al giorno, dipingere, etc etc etc.

Direi un po’ troppo e molto difficile che tutte le sfide possano essere portate avanti in contemporanea e per lungo tempo.

Sicuramente alcune sfide diventeranno routines che apprezzeremo e che ci porteremo dietro con una maggiore costanza rispetto al passato.

Il segreto pare sia iniziare una challenge per volta, capire i benefici che essa porta nella propria vita e darle la nuova priorità nella to do list giornaliera.

Obbligo di non uscire

Ed è così che vivendo in un periodo molto anomalo e unico negli ultimi decenni, ci siamo ritrovati, in molti, rinchiusi per tante ore fra le mura domestiche.

Ed ecco che il web si è scatenato con nuove challenges e con appuntamenti fissi per non farti sentire solo nella sfida.

Mettendo da parte la causa di questa situazione (al quale riesco a dare solo una connotazione negativa), non si può negare il fatto che questa “nuova vita” possa portare anche a risvolti positivi.

Il sapore della libertà….

Quello in cui piano piano ti riprendi il tuo tempo.

Non è immediato il passaggio.

In una prima fase probabilmente cerchi di occupare il tempo con i milioni di input che ti arrivano dall’esterno, perché non puoi “perdere tempo”, per cui accetti tutte le sfide.

In una fase successiva forse riscopri il piacere di avere tempo, non da perdere, ma da dedicare a te stesso e a quei piccoli piaceri che probabilmente hai accantonato per stare al passo di una società occidentale che corre troppo veloce.

L’anno scorso ho letto “Le coordinate della felicità” di Gianluca Gotto e tra i vari passaggi mi era rimasto impresso quello in cui descriveva il suo lavoro in una panetteria in Canada, il piacere trovato nell’impastare, nel creare prodotti da forno.

Ed in questo periodo tante persone si sono messe a farlo, per ammazzare il tempo ed, ovviamente, per sfidarsi con le foto più belle su Instagram (sperando che la pizza sia pure buona…) ma poi hanno ritrovato la piccola gioia della tradizione della pizza il sabato sera, nel preparare qualcosa che porta un sorriso, che è ancora più gustosa perché fatta proprio da te.

Si è trovato il tempo per leggere o per guardare un film (e per pubblicare copertine e locandine sui social), assaporando però parola dopo parola, immagine dopo immagine, senza crollare sul divano stanchi.

Si è trovato il tempo di ammirare una natura che si è ripresa la scena in modo prepotente.

Si è trovato il tempo per guardare la primavera che avanza, senza ritrovarsi gli alberi fioriti tutti in un colpo (notati solo perché quel giorno hai alzato distrattamente lo sguardo da pc, tablet o cellulare…)

In questo periodo hai visto ogni giorno “fiorire” la vita all’esterno, magari fotografandola per creare il time-lapse di tutti i giorni trascorsi in quarantena (magari domani inizio e propongo una sfida…)

C’è chi ha detto che sarà tutto diverso proprio per questa libertà assaporata, perché in realtà questo rallentare ci fa capire che forse anche prima non eravamo poi così liberi….

Pensa come un viaggiatore

Ma torniamo alle nostre sfide!!!

E’ proprio in questa situazione che ho trovato una challenge molto particolare… ed ovviamente interessante per chi ama viaggiare e che in questo periodo si sente un leone in gabbia.

Ok ammetto che sono stata aiutata nella riflessione da Nietzsche e dallo scrittore Alain de Botton (sì ok… ho letto solo i “bigini” delle loro riflessioni sul tema)

Challenge: Scrivere un breve racconto odeporico a puntate, sulla Vostra casa o sulla vostra stanza.

Devo ammettere che sul termine “odeporico” mi sono un attimo impressionata, pensando a qualcosa che non avrei mai potuto fare (non conoscendo il termine odeporico…)

La challenge nasce dall’idea di ripetere quanto fece nel ‘700 Xavier De Maistre, quando, costretto a 42 giorni di reclusione presso la propria abitazione, scrisse ”Voyage autour de ma chambre”,  raccontando la propria stanza come se fosse un viaggio.

Non ho mai letto questo libro e onestamente non so se lo farò, ma i racconti “moderni” nati dalla challenge mi hanno intrigato e scrivere 42 capitoli di un tuo personale libro dopo 200 anni dalla “prima edizione” è effettivamente qualcosa di diverso, che ti porta a vedere un nuovo angolo, quello che può essere definito pensiero laterale….

Quello che mi hanno stimolato Nietzsche e Alain de Botton.

Affascinati dal libro di Xavier De Maistre hanno recensito il libro non soffermandosi sulla tipologia di scrittura, sulla trama o sull’utilizzo delle parole (il libro non è mai stato commentato come capolavoro della letteratura).

La riflessione è stata sull’atteggiamento mentale che è alla base del libro.

De Maistre ha saputo infatti trasformare una situazione negativa, come quella della prigionia presso la propria abitazione, in uno stimolo per la mente.

Nietzsche divide il mondo in 2 categorie: chi con poco sa fare tanto e chi con tanto sa fare poco e ammira la capacità che ha avuto De Maistre nel trovare ispirazione in una piccola stanza creando un’opera ad essa dedicata.

Alain de Botton lega poi il libro di De Maistre allo spirito del viaggiatore, quello per il quale ogni angolo della Terra è una scoperta e per cui ogni cosa può far scaturire grande curiosità. Nel libro “L’arte di Viaggiare” riflette sul fatto che un ambiente domestico, famigliare, abitudinario ci rende a volte privi di stimoli, ma con un atteggiamento mentale differente ogni singolo oggetto può divenire interessante.

E diciamo che andando un po’ contro allo spirito minimalista tanto di moda nell’ultimo periodo, osservare con più attenzione i molti oggetti presenti nel mio appartamento mi conduce effettivamente ad un viaggio immaginario.

Questi oggetti erano fino a questa sfida “scontati” in quanto sempre presenti, anzi mi sono a volte chiesta cosa avessi nella testa quando li comprai (in particolare quando vanno spolverati), ma in un’ottica diversa si presterebbero benissimo ad essere protagonisti di 42 capitoli di un libro. Non so se per un racconto odeporico (attribuendo al termine non solo l’accezione di “diario di viaggio”, ma quello più romantico di ricerca esistenziale),  ma sicuramente per un esercizio di scrittura singolare nel suo genere.